I miei romanzi sono“gialli” di tipo tradizionale, con trame che ritengo attendibili (spesso quanto accade nella realtà quotidiana appare meno verosimile), con numerosi personaggi dalla psicologia ben definita, con un esito investigativo basato su elementi di prova oggettivi.
In questo contesto realistico si viene poi ad inserire una componente straordinaria, non certo preponderante ma sicuramente rilevante, rappresentata dalle facoltà extrasensoriali dell’investigatore privato Tony Valente, facoltà che gli consentono di penetrare in una dimensione parallela e di entrare in contatto con le energie vitali che la popolano, attingendo informazioni preziose che vanno però opportunamente decifrate, e di contribuire così alla soluzione degli eventi criminosi e, soprattutto, di fornire al coprotagonista, un commissario di polizia dall’apparenza insignificante ma capace, l’input per la riapertura di casi giudiziari che sembravano ormai definiti.
È chiaro che chi volesse trovare in questa componente del romanzo concretezza e credibilità ne rimarrebbe deluso perché i fenomeni extrasensoriali, per loro natura, trascendono l’ordinaria comprensione e non sono spiegabili logicamente né possono avere l’attendibilità degli eventi comuni. Nelle mie storie il realismo della vita comune e l’inverosimiglianza (ma inverosimile non vuol dire non vero) del fantastico sussistono contemporaneamente e si compenetrano.
È vero, del resto, che il grande pubblico ha mostrato di apprezzare molto la commistione tra realtà e paranormale, come comprova il successo ottenuto da recenti sceneggiati televisivi quali “La porta rossa” e “Sorelle” e, ancor prima, “Il Restauratore.
A differenza, però, di quanto si lascia intendere nelle storie narrate negli sceneggiati che ho citato, dove l’elemento paranormale è riferibile a qualcosa di soprannaturale, la facoltà che il mio investigatore ha scoperto sin da bambino, cioè “sentire” i morti, non ha nulla di soprannaturale perché, come gli ha spiegato l’immaginario professor Carrabba, psicoterapeuta e studiosodi parapsicologia, consiste nell’interagire con l’energia che si sprigiona dal nostro corpo dopo che sono cessate le così dette funzioni vitali e che, in presenza di particolari condizioni, permane in una dimensione parallela a quella che definiamo reale, ancora per qualche tempo prima di esaurirsi completamente.
Secondo la teoria di Carrabba, l’uomo è fatto di materia che si può vedere e toccare, ma anche di energia che non si vede a occhio nudo e non si tocca e che, quando moriamo, si spegne di colpo, come quando stacchiamo l’interruttore generale del quadro elettrico di casa. A volte, però, sempre secondo il professore, morta la materia, l’energia resiste ancora un po’ prima di spegnersi del tutto, come il fuoco sotto la cenere, che non si vede e tu pensi che non ci sia più ma, se vai a rimestare la brace, ti accorgi che c’è ancora.
Questa che può sembrare una teoria fantasiosa ha, in realtà, concreto fondamento nella realtà scientifica e nelle varie teorie matematiche e fisiche formulate a dimostrazione della tesi che tutto è energia, in noi e attorno a noi e che nulla si distrugge. Quindi, la scienza va oltre il pensiero del prof. Carrabba, che ritiene solo temporanea la sopravvivenza dell’energia vitale dopo la morte.
Già i filosofi pluralisti, da Empedocle a Democrito, affermavano che nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma
Nel 1925, lo scienziato francese Charles Laville pubblicò l’articolo intitolato “L’elettrodinamica del muscolo” in cui asserisce che i muscoli si comportano come condensatori e formula la teoria del funzionamento elettrico della cellula.
Alcuni anni dopo, la teoria di Laville venne ripresa dal Laboratorio di fisiologia della Sorbona di Parigi, che dimostrò che le funzioni della cellula sono di origine elettromagnetica.
Nella sua famosa teoria della relatività, Einstein afferma la reciproca convertibilità di materia ed energia e, in definitiva, l’equivalenza tra l’una e l’altra.
Le scienze noetiche asseriscono che anche il pensiero ha una massa e, di conseguenza, che anch’esso è energia, in grado addirittura di modificare la materia.
Perché, dunque, non ipotizzare che anche quella che comunemente chiamiamo “anima” abbia una massa e quindi sia anch’essa energia che, come tale, è indistruttibile?
Stabilire, poi, quanto dura e dove finisce quest’energia una volta lasciato un corpo (confluisce nell’energia cosmica come “uno” che torna a far parte del “tutto”? Torna all’Energia Assoluta, fonte di ogni altra, che l’ha generata? Si riunisce di nuovo alla materia, come sostiene la teoria della reincarnazione? Si stabilizza in una dimensione parallela alla nostra, dove chi è in possesso di facoltà non comuni potrebbe essere in grado di accedere per interagire con essa?) sarebbe un ben altro discorso che attiene più al pensiero filosofico e alle religioni orientali, nei quali, in questa sede, non è il caso di addentrarsi.
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